martedì 16 dicembre 2014

Un Prevosto dalle Fiandre


Tutti i prevosti, recenti o remoti, finora conosciuti provenivano dal territorio limitrofo o, in pochi casi, da località lontane ma sempre all’interno della diocesi o fuori di poco. Per esempio dalla vicina Svizzera sono giunti due membri della famiglia Della Torre o Torriani, quando il Ticino era in parte ancora diocesi di Como, nel 1252 Bregondio che assommava la carica di Vicario generale e di Prevosto di Uggiate e dal 1751 al 1790 Gabriele, entrambi di Mendrisio. Oppure la serie dei prevosti Boldoni originari di Bellano, diocesi di Milano, ma sulle sponde del lago di Como. In un caso, però, ci fu un’eccezione, quando a Milano furono assoldati dei cantori fiamminghi e uno di questi Gaspard Van Weerbeke divenne nel 1498 maestro della cappella ducale. Alcune missive di Galeazzo Sforza parlano di lui in relazione all’assegnazione di vari benefici ecclesiastici. Nel libro edito da Brepols sulla musica alla corte degli Sforza[1], trattando di varie lettere ducali, si nomina il cantore Gaspar Verbech, “provost of the Church of Ogiate, diocese of Como”, come destinatario di ulteriori benefici, senza indicare a quale chiesa e a quale paese attuale si riferisse. Ma in un altro libro[2], si parla di due bolle riguardanti proprio Gaspar Verbeck chiamato precisamente “prepositus ecclesie sancti Petri de Ogiate, Cumane, …”. A questo punto non vi sono più dubbi, si tratta proprio della Chiesa plebana di Uggiate. Anche se altre pubblicazioni[3] traducono una lettera in cui si dice: “Il duca permette al cantore Gaspare de Weerbeke di cedere l’acquisita prepositura di Olgiate Comasco, mediante certa pensione annua, al prete Agostino de’ Boldoni di Bellano.” L’errore è dovuto alla cattiva traduzione di Enrico Motta che scoprì le due lettere riferite al nostro prevosto, e che l’autore del libro sugli Antegnati, D. Muoni data al 1474. Il riferimento ad Agostino Boldoni conferma che si tratta proprio di Uggiate e non di Olgiate (che a quel tempo non era ancora una prepositura), perché il suo nome è presente nella cronotassi dei prevosti plebani di Uggiate.
Ma chi era e da dove proveniva il cantore nonché prevosto Gaspar van Weerbeke? 
Sappiamo che era un sacerdote della diocesi di Tournai[4] nelle Fiandre, attuale Belgio, nato probabilmente a Oudenaarde, dove venne educato, ma poco si sa della sua giovinezza. Probabilmente venne a contatto con Johannes Regis e potrebbe aver studiato con Ockeghem, inoltre è probabile che abbia conosciuto Dufay. Nel 1471 giunse a Milano come cantore assoldato dagli Sforza ed è in questo periodo che ricevette la nomina a prevosto di Uggiate. Dopo una parentesi alla corte papale, ritornò a Milano come maestro di cappella alla corte degli Sforza. Nel 1474 venne autorizzato dal duca a cedere la prepositura al prete Agostino Boldoni di Bellano, dietro compenso di otto ducati l’anno[5][6]. Evidentemente la nomina alla chiesa di Uggiate come ad altre, non era mossa da motivi pastorali, ma economici per il sostentamento dei musici più prestigiosi. Oltretutto il nostro era anche compositore e alcune sue opere sono giunte fino ai nostri giorni. Tuttavia piace pensare che qualche rapporto con Uggiate debba averlo avuto e abbia lasciato una sensibilità musicale, se qualche decennio più tardi, nel 1556, tra le prime spese fatte dal Consorzio dei sacerdoti della pieve di Uggiate, si trova “il libro delle messe in contrappunto e i madrigali di Arcadelt”[7] Sappiamo che la pubblicazione dei primi quattro libri dei madrigali risale al 1539, ma quella del libro delle messe addirittura al 1557 a Parigi, quando era al servizio del cardinale Carlo di Lorena (de Guise), dopo essere stato cantore della Cappella del Papa. Quindi i canonici e i preti della nostra Pieve erano aggiornatissimi riguardo alle ultime novità della musica liturgica. Considerando che pure Arcadelt era un Fiammingo, c’è da rimanerne meravigliati. Certo che poter ascoltare oggi su “You Tube” l’antifona Ave Regina Cœlorum musicata secoli fa e sapere che il compositore è stato, seppur per breve tempo, il nostro prevosto, fa una certa gradevole impressione



[1] P.A. Merkley e L.M. Merkley, “Music and Patronage in the Sforza Court”, Turnhout, Belgium; Brepols, 1999, pag. 29.
[2] M. Ansani e G. Battioni “Camera Apostolica: documenti relativi alle diocesi del ducato di Milano, Unicopli, 1997, pag. 556.
[3] Archivio storico lombardo, vol.10° e D. Muoni “Gli Antegnati organari insigni, della Bibliotheca Musica Bononiensis, 1883, pag.27.
[4] A. Perria “I terribili Sforza (Storie d'amore e di sangue della storia d'Italia)”, vol.1°, Sugar 1969
[5] Archivio storico lombardo, Giornale della Società storica lombarda, serie seconda, volome IV –Anno XIV, Milano,.1887, pag. 212
[6] A. Perria “I terribili Sforza, o.c. vol.2°, pag.129.
[7] APLANUM MCMLXXXIII, P.Livio: Il primo regolamento del «Consorzio» dei sacerdoti della Pieve di Uggiate, p. 144, nota 5

lunedì 10 novembre 2014

Don Sandro Vanoli, Vercana - Uggiate

Il 15 novembre ’14 farà l’ingresso come nuovo arciprete Don Sandro Vanoli, originario di Vercana, ridente e aprico villaggio dell’Alto Lario, adagiato in posizione panoramica sulle prime balze che dominano il lago sopra Domaso, compreso oggi nel vicariato di Gravedona.
Probabilmente è il primo parroco di Uggiate proveniente dalle Tre Pievi. Ce n’erano già stati due nel secolo scorso originari delle sponde del lago: il prevosto Don Pietro Rumi, di Menaggio e l’arciprete Don Enea Mainetti, di Mandello, i quali rimasero pochi anni (11 il primo e 7 il secondo). Eppure, nonostante Vercana sia una località remota da Como e dal resto della diocesi, ebbe nell’ultimo secolo due parroci giunti da lontano e dei due uno lega Don Sandro a Uggiate con un sottile ma provvidenziale filo di relazioni, che è sempre bello scoprire. 
Il primo dei due preti era Don Giuseppe Giovannoni, nato a Orino, in Valcuvia, estremità occidentale della diocesi, che arrivò dopo circa 40 anni di parrocchia di un sacerdote nativo del luogo, Don Giovanni Bizzanelli, e rimase a Vercana dal 1907 al 1927, lasciando poi la guida della parrocchia a Don Giulio Giossi di Naggio che fu parroco per ben 37 anni. 
Ma è Don Luigi Bravosi, che arrivò lassù, quando Don Sandro era ancora un ragazzo e se ne andò dopo che il novello arciprete era già entrato in seminario, a intessere un invisibile riferimento a Uggiate.
Don Luigi (come lo chiamavano a Vercana) o Don Gino (come lo chiamavano a Uggiate), è nato a Bergamo, ma è cresciuto a Gaggino e, non essendoci tutte le classi elementari in quel comune, una o due classi le frequentò a Uggiate, stringendo così amicizia con alcuni compagni “Urucch”. Il trascorrere del tempo e le diverse direzioni imboccate nella vita da quei ragazzi non cancellarono l'amicizia e alcuni  suoi ex compagni ancora lo ricordavano e qualche volta lo andavano a trovare fino a Vercana.

Che la Provvidenza, la quale ha già scritto una premessa della futura missione di Don Sandro, l’accompagni per la maggior gloria di Dio. Ad multos annos a Uggiate, Don Sandro!

lunedì 13 ottobre 2014

Uno Stato d'Anime del 1696

Nell’archivio capitolare della plebana di Uggiate si trova uno Stato d’Anime (un censimento)del 1696, compilato dal prevosto don Carlo Riva, il quale annota per ogni abitante della parrocchia il proprietario della casa, il capofamiglia e gli altri componenti della famiglia con l’indicazione del grado di parentela, l’età e i sacramenti ricevuti.
Veniamo così a sapere che la maggior parte delle famiglie viveva in affitto. Tra i maggiori proprietari compaiono la Contessa Turconi, Andrea e Francesco Canarisio, Ottavio Rusca, la famiglia Poncini, i fratelli Rezzonico e il Capitolo della Collegiata di S.Pietro, Gian Antonio Natta (a Gaggino), Ravazzini Rusca (a Gaggino), Quintilio Raimondi (a Camnago), i fratelli Albrici (a Bernasca), Quintilio Raimondi (ai Mulini), Tommaso Lezzeni (ai Mulini), Gian Antonio Natta (ai Mulini), lo stesso Natta a Romazzana, mentre a Trevano compare Luigi Odescalchi, insieme ai fratelli Porta e ai Padri di S. Gerolamo di Como.

In totale veniamo a sapere che gli abitanti di Uggiate risultano essere 350 cosi suddivisi:
da anni 0 a 10:   87
da        11 a 20     83           =170       49%
da        21 a 39     107                        30%
da        40 a 59     62                          18%
da        60 in su   10                             3%
più il Prevosto

Trevano ha invece una popolazione di 145 anime
da anni 0 a 10:   43
da        11 a 20     37           =80          55%
da        21 a 39     37                           25.5%
da        40 a 59     24                           16.5%
da        60 in su     4                               3%

Romazzana viene considerata alla stregua degli altri paesi dipendenti direttamente dal Prevosto, anche se conta solo 59 abitanti.
da anni 0 a 10:   22
da        11 a 20     13           =35          59%
da        21 a 39     14                           24%
da        40 a 59       9                           15%
da        60 in su     1                             2%

Bernasca  è ancora più esigua di Romazzana con 40 residenti, ma conteggiata a parte, rispetto a Trevano.
da anni 0 a 10:   13
da        11 a 20     13           =26          65%
da        21 a 39       7                           17.5%
da        40 a 59       6                           15%
da        60 in su     2                             2.5%

Chiasso Maggiore è la denominazione della località oggi detta Mulini, con 111 anime.
da anni 0 a 10:   87
da        11 a 20     83           =170       49%
da        21 a 39     107                        30%
da        40 a 59     62                          18%
da        60 in su     2                             3%

Camnago, in seguito eretta a parrocchia autonoma, risulta poco più popolata di Romazzana, con 64 anime.
da anni 0 a 10:   17
da        11 a 20     11           =28          44%
da        21 a 39     19                           30%
da        40 a 59     15                           23%
da        60 in su     2                              3%

Infine Gaggino si attesta poco al di sopra di Trevano con 163 abitanti.
da anni 0 a 10:   36
da        11 a 20     43           =79          48.5%
da        21 a 39     51                           31%
da        40 a 59     30                           18.5%
da        60 in su   3                                2%

In totale la Parrocchia intera, allora chiamata Prepositura, conta 932 abitanti, così suddivisi:
da anni 0 a 10:    260
da        11 a 20     225         =485       52%
da        21 a 39     266                        28.5%
da        40 a 59     157                        17%
da        60 in su   23                             2.5%

Una nota circa i sacramenti riportati. A margine di ogni nome è indicato con una sigla (C. per communicatus e Chr. per chrismatus) se la persona ha già ricevuto la comunione o la cresima, così veniamo a conoscere che l’età della prima comunione è sui 13-14 anni e quella della cresima è ancora più tardi. C’è una ragazza che a 17 anni non è ancora cresimata. Si possono trovare, tuttavia, alcune eccezioni sia per l’anticipo che per il ritardo. Un’altra ragazza a 12 anni è già comunicata e altri tre tra i 16 e i 17 anni non hanno ancora ricevuto la cresima. Così alla fine il Prevosto Riva annota un totale di 607 comunicati e 557 confermati.
Come si vede l’ordine teologico dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana non era rispettato nemmeno allora. Probabilmente era il legame col Vescovo, unico ministro della Confermazione, a prevalere sulle esigenze dogmatiche e quindi si aspettava la presenza del Vescovo per amministrarla anche se l’età dei ragazzi non era omogenea.
Strabiliante è la percentuale della popolazione giovane. In pratica l’80% degli abitanti è sotto i 40 anni, il contrario di oggi.

L’uomo più anziano di Uggiate, si chiama Bernardo Besozzi, ha 80 anni e abita in una casa della Contessa Turconi.
A Gaggino la persona più attempata è Michele Porlezza di 70 anni, residente in una casa di Gian Antonio Natta.
A Camnago vive il più longevo, Francesco Botta di anni 85 che abita in una casa di Quintilio Raimondi.
A Bernasca Giovan Battista Taiana ha raggiunto gli 80 anni nella casa dei fratelli Albrici.
Ai Mulini praticamente non ci sono anziani, perché i più vecchi sono Francesco Galli e Margherita Bernasconi di 60 anni.
A Romazzana Bernardino Bernasconi raggiunge il traguardo dei 75 anni.
Infine a Trevano il primato spetta a Pietro Bernasconi con 77 anni.


Dobbiamo essere grati al Prevosto don Carlo Riva che nel mese di luglio 1696, con pazienza, ha redatto questo prezioso documento che ci dà uno spaccato della popolazione dei nostri paesi.

giovedì 2 ottobre 2014

ancora su Don Virginio Sosio

Tra poche settimane vi sarà a Uggiate l'avvicendamento del parroco. Vorrei ricordare in tale circostanza ancora l'Arciprete don Virginio Sosio (1954-1978) che proprio nello stesso periodo lasciava la parrocchia per andare a Sondrio come primo vicario episcopale per la Valtellina e la Valchiavenna.
Nella sua ultima omelia rivela i sentimenti profondi del suo ministero a Uggiate. Ne rilevo tre:

1. Il primato della fede. Troviamo nel riferimento alle tante iniziative intraprese nei suoi anni a Uggiate sempre come prima causa la grazia, la provvidenza, la volontà di Dio.
2. L'appartenenza al gregge. Nonostante cerchi di considerare la sua permanenza a Uggiate come esperienza chiusa (le vostre belle chiese), non ce la fa e quasi sempre si sente nelle sue parole il profondo legame con la sua gente. È il suo un "cuore di padre verso i figli che ha amato, che ama e che lascia per ubbidienza". È il pastore con l'odore delle pecore, per citare una frase di Papa Francesco.
3. L'amore per la tradizione. Don Virginio fu un innovatore, ma non sconsiderato, sapeva inventare nuove forme per aggregare e richiamare i lontani, ma era critico con i preti che disprezzavano il passato. Qualche giusta nostalgia per i canti e per l'antica liturgia trapela anche in quest'ultima predica.


OMELIA DI COMMIATO DI DON VIRGINIO SOSIO
Uggiate, 26 novembre 1978, solennità di Cristo Re

Tante volte mi ritorneranno alla memoria gli incontri con il mio popolo di Uggiate. Ritorneranno alla memoria per essere per me motivo di continuare un cammino di lavoro nel nuovo campo cui sono stato, anche se indegno, chiamato. E saranno per me di conforto questi ricordi di un popolo attorno all’altare nella casa del Padre in preghiera.
Anche in questo incontro domenicale, ultimo come vostro parroco, la parola di Dio, che sempre ho cercato di assieme meditare in questi ventiquattro e più anni, ci viene incontro a meraviglia; perché, proprio anche in questo incontro velato di mestizia per un addio che però dovrebbe essere soltanto un arrivederci, sia salutare alla mia anima e alle vostre anime come sempre.
È oggi la festa di Cristo Re e in tutti questi anni passati insieme negli avvenimenti gioiosi della comunità, come nei dolorosi, abbiamo cercato il Regno di Dio. Abbiamo cercato di accettare la sua volontà, anche se qualche volta dura. Assieme abbiamo lavorato perché Lui, il Maestro, l’Amico, il Fratello, il Salvatore potesse veramente regnare tra noi. Nella lettura prima di Ezechiele profeta, egli ci presenta Cristo Re nella figura di buon Pastore. È questa del Pastore una figura già ben nota fra gli antichi, talmente che nel suo poema Omero chiama il re “pastore delle genti”.
Il pastore, abbiamo sentito, guida amorosamente le sue pecorelle al pascolo buono e tiene lontano dai pericoli e dai precipizi. C’è tra lui e le sue pecorelle una commovente intimità; le conosce tutte, le chiama una per una col loro nome ed esse conoscono il loro pastore. Lo conoscono dalla sua voce e fuggono i pastori mercenari che vorrebbero sostituire il pastore vero e sono invece lupi rapaci. Ricerca la pecorella smarrita e la riporta dolcemente all’ovile.
Ho dovuto fare in questi giorni ed ho voluto fare in questi giorni, ultimi giorni che passo in mezzo a voi, oggetto della mia meditazione questa pagina di Ezechiele.
Dovrebbe essere questa la mia foto, purtroppo sono riuscito una brutta copia. Sì, in qualche aspetto ho cercato di assomigliare al buon Pastore: vi ho sempre amato e voluto bene.
Vi dicevo nell’ormai lontano 4 luglio 1954 dal pulpito che si trovava là in alto, nel nostro primo incontro, anche quello era un incontro domenicale, vi dicevo con l’entusiasmo di una già matura pastoralità: «Voglio conoscervi tutti per amarvi nel Signore». Ho cercato di conoscervi tutti negli incontri con le famiglie. Ho sentito di amarvi sempre di più, sempre più nelle ore del dolore, quel dolore che ci affratella, nelle ore dell’amara separazione che la vita naturalmente ci presenta. Sì, ho cercato di essere pastore, avvisandovi dei dirupi e dei pericoli, ho detto sempre pane al pane e vino al vino. Ho cercato anche, nonostante le mie fattezze esteriormente dure di montanaro, di stabilire con ciascuno di voi una profonda e sacra intimità.
Vi posso oggi chiamare ad uno ad uno per nome, dopo i molteplici incontri con i gruppi e con le famiglie.
Ho cercato di ricercare la pecorella smarrita, di rinfrancare coloro che erano titubanti nella fede e anche in questo lavoro di anima con anima il Signore mi ha accompagnato con la sua grazia, con la sua misericordia.
Non sempre sono riuscito a trattenere tutti e a trattenere e a preservare qualcuno dalle illusioni propinate da pastori mercenari; questo è il dolore più forte che mi accompagna quest’oggi e che mi accompagnerà nella nuova missione che il Signore, nell’ubbidienza, mi ha assegnato.
Ho cercato di essere seminatore tra voi evangelico, spiegandovi (era così bello parlare a voi così attenti) la parola di Dio. Ho cercato anche nella mia preparazione a questa predicazione di selezionare proprio perché fosse un grano di semina. Non sempre sono stato all’altezza, in quest’ardua missione, come voi avevate il diritto di aspettarvi.
Ho cercato di essere costruttore e restauratore delle vostr belle chiese, testimonianza viva, perenne, di una fede degli avi, ma anche della vostra: sempre, con magnanimità, mi siete venuti incontro.
Ho tutti i giorni - e sono stati tanti - della mia vita passati tra voi, ho fatto mia l’ansia di Cristo alla vigilia della sua morte per la nostra salvezza: «Ut unum sint», “che siano una cosa sola”, che siano veramente comunità, che si vogliano bene.
Il Signore solo sa quanto sia stato questo il mio assillo e benedirò ogni vostro sforzo che avete già fatto e che farete per superare ogni divisione, ogni particolarismo.
Ho voluto pure, con la vostra generosa collaborazione, creare un centro anche fuori dalla casa del Padre, per le diverse attività non propriamente ecclesiali. Riuscito stilisticamente, invidiato dalle comunità viciniori, non so se risponde al fine per il quale è stato realizzato.
Tanti preconcetti, anime che mi ascoltate, forse per l’ultima volta, tanti preconcetti devono essere bruciati, devono essere distrutti se vogliamo creare veramente un’autentica comunità.
Questo frutto che il Signore ha voluto che non vedessi, l’affido proprio a Lui, il Signore, perché con la vostra viva compartecipazione possa essere realizzato da colui che verrà dopo di me.
Ho in particolare amato il santuario di Somazzo. Ho desiderato che divenisse centro di spiritualità per la nostra comunità. Quanti e diversi incontri lassù! E penso che non siano stati vani. Proseguite e migliorate su questa strada.
Ho amato le chiese delle frazioni e le ho curate perché fossero più facile occasione d’incontro con Dio Padre, non mai occasioni di divisioni o separazioni.
E lascio ora la parola di Dio che mi è stata luce, che ci è stata luce in questa nostra ultima conversazione, con voi amati fedeli, per lasciare un po’ parlare il cuore, il cuore di un padre verso i figli che ha amato, che ama, che vi lascia per l’ubbidienza, ma non vi dimentica.
Anzitutto grazie alle autorità civili che si sono susseguite durante questo mio lungo priodo di vita tra voi, per la loro delicata collaborazione e gentile aiuto.
Un grazie poi a tutti e a ciascuno così non corro il pericolo di dimenticare qualcosa o qualcuno.
Grazie per le accoglienze delicate ai miei diversi progetti e furono molti. Grazie per i vostri consigli. Grazie della vostra collaborazione, della vostra generosità e solo con essa e la benedizione di Dio abbiamo potuto realizzare tante opere.
Continuate con lo stesso spirito anche con chi verrà dopo di me. Grazie soprattutto per tanti nascosti e silenziosi buoni esempi che mi avete dato e che furono per me incoraggiamento negli inevitabili sconforti della mia missione di pastore, delle delicatezze innominate di famiglie generose, di segreti sacrifici, di tanta carità anonima, di provvidenza vera.
In secondo luogo permettete che sinceramente domandi a tutti e a ciascuno, in questo incontro nella casa del Padre, perdono se involontariamente vi avessi offeso. Vi posso garantire che non l’ho mai fatto apposta e se c’è stato sarà stato soltanto il frutto di quell’umana fragilità che neppure l’ordinazione sacerdotale annulla. Come vi posso assicurare che io non ricordo offesa alcuna.
In terzo luogo siate sempre uniti nella via del Signore, perché il Regno di Cristo, regno di verità e di vita, regno di bontà e di pace, regno di gioia e di amore e di giustizia, possa sempre essere in voi, nei membri delle vostre famiglie, nelle famiglie tra lro, nell’intera comunità parrocchiale e, come avete amato me e seguito me, amate e seguite chi verrà dopo di me, il mio successore.
E in quarto luogo - e concludo - amate la Madonna, amate la Madonna. Ella mi ha preso per mano nel mio primo incontro tra voi, lo sapete, lo ricordate, gli anziani lo ricordano. Ho cercato anche sempre di tenere la mia mano nella sua, forse non sono sempre riuscito e per questo, già sapendo, ho voluto l’ultima processione della nostra Madonna per le vie del nostro paese quest’anno, perché vi benedicesse a uno a uno, vi benedicesse tutti, da Mamma.
Abbiate la Madonna nelle vostre case, come l’apostolo Giovanni l’accolse quando gliel’ha affidata Cristo agonizzante sulla croce per la nostra salvezza.
Cantavamo in latino nell’inno della Madonna “Iter para tutum”. Sì, il mio cammino, il vostro cammino, il nostro cammino, sarà sicuramente verso la Casa del Padre se non dimenticheremo, se non lasceremo da parte la Madonna.


Ultima omelia di commiato dell’Arciprete don Virginio Sosio, tenuta durante la S.Messa delle ore 10.00, nella festa di Cristo Re il 26 novembre 1978, Chiesa Plebana dei Ss. Pietro e Paolo


venerdì 28 marzo 2014

Don Virginio Sosio

È stato il parroco della stagione conciliare, che ha saputo traghettare la parrocchia di Uggiate nella nuova era della Chiesa e del mondo nello spirito della continuità e del rinnovamento. 
Essendo nato il 9 maggio 1913 a Stazzona in Valtellina e battezzato lo stesso giorno, ha respirato con l'aria dei monti anche la fede solida della sua gente. 
Dopo essere stato parroco di Isolaccia dal 1941, il 12 maggio 1954 è nominato Arciprete di Uggiate e vicario foraneo, il 4 luglio fa il suo ingresso in parrocchia (vedi foto) e vi rimane fino al 18 ottobre 1978, quando è nominato Vicario Episcopale per la Valtellina e la Valchiavenna.
Fin da subito diede vita a varie iniziative per dare impulso alla vita parrocchiale. 
L'ingresso a Uggiate
Nel 1954 stesso promosse la "Visitatio Mariæ", detta popolarmente la visita della "Madonna Pellegrina". Un atto di devozione alla Vergine portando la sua immagine nei rioni e nelle frazioni del paese.
Nel 1957 si celebrarono le Missioni parrocchiali. 
Poi vennero gli anni del Concilio. L'Arciprete don Sosio fu sollecito nel rinnovare la pastorale della parrocchia, istituendo già nel 1969 il Consiglio Pastorale e promuovendo negli anni successivi una nuova forma di benedizione delle famiglie, riunendole a gruppi e celebrando la Messa in vari rioni.
Nel 1971 iniziò a Somazzo gli incontri per coppie di sposi.
Nel 1973 in occasione della domenica delle Palme si inaugurò la prima festa degli anziani.

Si adoperò anche per gli adeguamenti liturgici che seguirono gli anni del Concilio. Anzi già dal suo arrivo a Uggiate abolì le distinzioni nei funerali che si celebravano con diverse modalità a seconda della classe. Il 31 gennaio 1965 fu celebrata la prima messa bilingue e il giovedì santo del 1967 la prima concelebrazione sull'altare rivolto al popolo. Tuttavia si capiva che non apprezzava l'abbandono del latino e del canto gregoriano e qualche anno dopo la riforma, durante l'ottava dei defunti, cantò ancora tutta una messa in latino e ogni tanto richiedeva la "Messa de Angelis" e quella "cum Jubilo".
Nel 1972 inaugurò la celebrazione comunitaria dei Battesimi e per l'occasione indossò per l'ultima volta la cappa magna e usò la ferula che però al termine della celebrazione cadde e si ammaccò.

Veramente tante le opere realizzate nei suoi 24 anni di ministero.
File:Don sosio v.jpgNel 1955 venne benedetta la nuova chiesa ai Mulini.
Nel 1956 rifacimento del castello delle campane della chiesa plebana.
Nel 1957 pulitura della chiesa plebana e nuovi finestroni.
               17 novembre: benedizione delle tre campane per la chiesa                       dei Mulini
                 7 dicembre: donazione della famiglia Somaini delle due                           tele di Paolo Pagani
Nel 1958 inaugurazione dei lavori alla chiesa di Somazzo.
Nel 1960 lavori all'oratorio (abitazione vicario, palco e aule di                            catechismo)
Nel 1964 per il centenario della statua della Madonna, collocati 40                     banchi nuovi nella plebana.
Nel 1965 sistemazione altare della chiesa di Somazzo e restauro della                 statua di S. Giuseppe.
Nel 1968 nuovo tabernacolo nella plebana.
Nel 1971 Mons. Teresio Ferraroni inaugura il complesso dei lavori                    nella chiesa plebana: rifacimento del tetto, consolidamento                  delle volte, nuovo zoccolo esterno in granito rosa. Purtroppo in questa circostanza è stato demolito                l'oratorio di Maria Bambina.
Nel 1972 viene affrescata l'abside della plebana con l'Ultima Cena dell'uggatese Torildo Conconi.
Nel 1974 inaugurazione del nuovo auditorium all'oratorio.
Nel 1976 elettrificazione delle campane della plebana.
Nel 1978 lavori alla chiesa dei Mulini.

La sua presenza a Uggiate è stata accompagnata da una serie di vocazioni sacerdotali. Pochi giorni prima del suo ingresso, il 27 giugno 1954 fu ordinato sacerdote don Giovanni Conconi che venne subito nominato parroco di Germasino. Dopo aver celebrato il proprio 25° di sacerdozio nel 1961, accompagnò due novelli sacerdoti all'altare nello stesso giorno, era il 29 giugno 1963 e i due uggiatesi che celebravano la Prima Messa erano don Mario Conconi, fratello di don Giovanni  e don Mario Lurati. Il primo fu nominato vicario a Lezzeno e ora è parroco di Crebbio, vicino a Mandello, il secondo fu nominato vicario a Torno e in seguito ha lasciato il ministero.
Ebbe anche la gioia  di veder fiorire diverse vocazioni missionarie. La prima a sbocciare fu quella di P. Leone Martinelli del PIME, il primo dei tre figli della signora Adele, la domestica di don Virginio, che il 29 giugno 1965 celebrò la Prima Messa ad Uggiate. Il 23 giugno 1968 accompagnò all'altare P. Gigi Cocquio, missionario del PIME, che il 21 agosto 1970 partì per le Filippine, gli venne assegnata una parrocchia nella periferia di Manila, nel quartiere di Tondo. Nel 1966, il 2 luglio celebrò la Prima Messa ad Uggiate P. Marco Martinelli, missionario comboniano, fratello di P. Leone. Nel 1970 ci fu la Prima Messa di P. Pierino Re, comboniano che aiutava i sacerdoti sia per le attività dei Mulini che per il catechismo parrocchiale. Nel 1973 il 23 giugno venne ordinato sacerdote nella nostra Chiesa Plebana P. Quirico Martinelli, anche lui del PIME, inviato in Bangladesh. L'anno successivo ci furono altre due Prime Messe, il 12 maggio di P. Natalino, dall'India, adottato da una famiglia del paese e il 23 giugno quella di don Ilario Martinelli, salesiano, terzo figlio della signora Adele. Quattro anni dopo, nel 1978, il 26 novembre festa di Cristo Re salutò la popolazione di Uggiate e pochi giorni dopo, come Vicario Episcopale della Valtellina, partecipava a Morbegno alla mia ordinazione diaconale. Come un'ordinazione aveva preceduto di pochi giorni il suo ingresso, così un'altra ordinazione accompagnò la sua dipartita da Uggiate.

Nell'ultima Messa celebrata il 26 novembre 1978 disse all'omelia: «Ho tutti i giorni, e sono tanti della mia vita passati tra voi, ho fatto mia l'ansia di Cristo alla vigilia della sua morte per la nostra salvezza: "Ut unum sint", che siano una cosa sola, che siano veramente comunità, che si vogliano bene...Tanti preconcetti, anime che mi ascoltate, forse per l'ultima volta, tanti preconcetti devono essere bruciati, devono essere distrutti se vogliamo creare veramente un'autentica comunità.» Possa dal cielo aiutare la comunità di Uggiate a realizzare il suo sogno.