Nelle Pievi antiche
della diocesi di Como e in alcune limitrofe il responsabile della cura d’anime
e del governo del clero era l’arciprete. Faceva eccezione la diocesi di Milano
che aveva invece i prevosti. Secondo l’opinione di alcuni storici[1] con il
diffondersi dei collegi canonicali nella diocesi ambrosiana tra l’XI e il XII
secolo, l’Arciprete assunse il titolo di Præpositus, come capo del capitolo.
Forse per questo motivo le Pievi comensi più vicine a Milano, che ebbero anche periodi
di incerta appartenenza a una città o all’altra, adottarono il titolo di
prevosto per il Pievano. Infatti troviamo quest’uso già nel XII secolo per
Cuvio, Agno, Fino e Uggiate. Tuttavia anche chiese prestigiose della città
murata come S. Fedele e S. Donnino avevano
e hanno ancora il prevosto. Una spiegazione si può trovare negli atti
del secondo sinodo diocesano. Fu un momento importante per la vita diocesana,
perché dopo il Concilio di Trento conclusosi nel 1563 e dopo il primo sinodo
svoltosi nel 1565, vi era stata la Visita Apostolica del Vescovo di Vercelli
Bonomi, amico e parente di S. Carlo Borromeo, nel 1578. Si trattava di riformare
la vita diocesana sulla spinta dell’opera rinnovatrice di S. Carlo. Dunque
durante il secondo sinodo, tenutosi dal 3 al 5 settembre 1579, indetto dal
Vescovo Gian Antonio Volpi, dopo il saluto e l’introduzione del Vescovo, prese
la parola il Prevosto di San Fedele D. Cristoforo Salici[2], il
quale nella sua solenne orazione magnificò il ministero sacerdotale,
sottolineandone l’origine divina e presentando i gradi della gerarchia quasi
come riflesso della Chiesa trionfante. Spiegandone il significato dalla suprema
autorità di Pietro fino al semplice prete e agli ordini minori, toccò anche
quei ruoli che rientravano nell’organizzazioni delle Pievi. Vi si legge.
«La Chiesa di Cristo ha diversi ordini di sacerdoti. In particolare vi è
il Sommo Pontefice, poi i Patriarchi, gli Arcivescovi, i Vescovi e i Sacerdoti
o Presbiteri che si dividono in Prevosti, Arcipreti, parroci e semplici sacerdoti.
Tale distinzione si può spiegare con un riferimento ai tempi dei pagani.
Cosicché i Prevosti che sono a capo di alcuni Canonici e preti, si possono
paragonare ai tribuni dei soldati; gli Arcipreti che sono i primi dei preti, si
possono intendere come i tribuni del popolo; i Parroci, ai quali è demandata la
particolare cura delle anime, s’intendano come avvocati. Tuttavia tutti costoro
per il ministero di pascere e di governare il gregge a loro stessi affidato, si
chiamano pastori e rettori.»[3]
Da una tale
spiegazione si può dedurre che il Prevosto avesse allora una posizione di
maggiore responsabilità e considerazione. Forse si può ritenere una conferma il
fatto che nello stesso sinodo, nell’elenco dei prelati, rappresentanti le pievi
della diocesi, i primi tre sono proprio i prevosti. Ma ecco l’elenco completo.
(i cognomi di incerta traduzione sono lasciati come nell’originale)[4]
1.
D. Francesco Coldirarius, Prevosto della Chiesa di S. Stefano di Fino
2.
D. Andrea Drallus, Prevosto della Chiesa di S. Lorenzo di Cuvio
3.
D. Cressino Pontius, Prevosto della Chiesa di S. Pietro di Uggiate
4.
D. Luigi Torriani, Arciprete della
Chiesa di S. Vittore di Balerna
5.
D. Orazio Torriani, Prevosto della
Chiesa dei Ss.Cosma e D. di Mendrisio[5]
6.
D. Vincenzo Rezanis, Arciprete della Chiesa di S. Eufemia di Isola
7.
D. Gian Antonio Corti, Arciprete della
Chiesa di S. Vincenzo di Gravedona
8.
D. Gian Pietro Molteni, Arciprete
della Chiesa di S. Lorenzo di Mandello
9.
D. Gian Pietro de Manzis, Arciprete della Chiesa di S. Stefano di Dongo
10.
D. Guido de Argentis, Arciprete della Chiesa di S. Stefano di Menaggio
11.
Venerabili Frati del Monastero di S.
Giovanni in Pedemonte presso Como, Rettori della Chiesa di S. Maria di
Rezzonico
12.
D. Leonardo de Brochis, Arciprete della Chiesa di S. Vitale di Riva
13.
D. Bernardino Salici, Arciprete della
Chiesa di S. Pietro di Nesso
14.
D. Francesco de Præbonis, Arciprete della Chiesa di S. Stefano di Sorico
15.
D. Gian Antonio de Restitis, da Cadenazzo, Arciprete provvisorio della Chiesa di S.
Pietro di Bellinzona
16.
D. Taddeo Dunus, Arciprete della Chiesa di S. Vittore di Locarno
17.
D. Francesco Vastallus, Arciprete della Chiesa di S. Stefano della Valle d’Intelvi
18.
D. Nicola Sala, Prevosto della Chiesa
di S. Giovanni Batt. di Agno e per lui D. Battista Pocobellus, suo procuratore
19.
D. Battista Salici, Arciprete della
Chiesa di S. Stefano di Lenno
20.
D. Alberto Ponga, Arciprete della Chiesa di S. Giovanni Batt. di Bellagio
21.
D. Gian Pietro Moresinus, Arciprete della Chiesa di S. Lorenzo di Lugano
Non
sono rappresentate le Pievi Valchiavennasche e Valtellinesi che si trovavano
sotto il dominio dei Grigioni.
Da notare il cognome del Prevosto di Fino, Coldirarius, che è lo stesso del notaio che redige l'atto del 1405, in cui è delegato il Prevosto Pietro de Cottis; un altro segnale delle relazioni tra Milano e le Pievi già appartenenti al contado del Seprio.
Da notare il cognome del Prevosto di Fino, Coldirarius, che è lo stesso del notaio che redige l'atto del 1405, in cui è delegato il Prevosto Pietro de Cottis; un altro segnale delle relazioni tra Milano e le Pievi già appartenenti al contado del Seprio.